Sono tutti nella stessa piazza, quella di sempre, pronti a far valere i loro diritti, tutti a manifestare il loro malessere contro qualcosa o contro qualcuno. In apparenza con la stessa idea che vaga libera attraverso il freddo e la pioggia di quel giorno, da ricordare per l’eventuale vittoria o per il fallimento. Migliaia i sentimenti personali che diventano materiali, pesanti, li puoi sentire addosso attraverso un sorriso forzato, un ghigno, un dissapore, una negazione di sé, visi che entrano nell’obiettivo fino a spalmarsi sul sensore con una lentezza e una difficoltà allucinanti, come qualcosa di informe, come una gelatina, come qualcosa da nascondere forzatamente alla vista degli altri, perché chi protesta è un duro. La libera manifestazione di idee può dar luogo a reazioni molto diverse, gioia, comunione, ma anche disgusto, repulsione, sdegno, rabbia (che spesso viene fuori nel modo sbagliato) e anche se è un fondamento della democrazia è difficile raccontare questi attimi molto pubblici ma terribilmente intimi. Migliaia e migliaia di individui che esprimono una forza devastante. Migliaia e migliaia di storie personali diverse, di singoli modi di pensare ed agire.