La scelta di un colore esprime sempre uno stato d’animo, un messaggio che parte dal nostro profondo e viene fuori in maniera cupa o brillante. I colori non sono belli o brutti, possono essere stonati, inadeguati e anch’essi hanno un significato intrinseco. Il giallo di Napoli, il giallo di cadmio scuro, il giallo permanente scuro, così solari e di grande comunicazione. Poi il blu oltremare, il blu cobalto, il blu di Prussia così profondi e riposanti. E ancora i verdi, il verde Paolo Veronese, il verde ftalo, il verde di cadmio, tutti colori che rivedo nel mio mare; il verde è anche il colore dei miei pensieri quando sono da solo. Il verde per me è il colore della razionalità e della vita, anche se non è il mio colore preferito. Pochi colori hanno la forza del nero, il carattere, il potere di dare espressività agli altri colori attraverso il contrasto, senza il nero tutto sarebbe spento. Per non parlare del bianco e della sua libertà, della sua fantasia. E ancora, la potenza dei rossi, da quello di cadmio al vermiglione, dal carminio di alizarina alle lacche di garanza, tutta energia, spiritualità, concretezza. Esprimersi con i colori è comunicare con la nostra sensibilità più profonda. Ecco, immaginate una domenica mattina, bellissimo sole, un posto di mare dalla storia millenaria; immaginate una passeggiata lungo le rive del suo litorale, una macchina fotografica a tracolla, la bocca ancora piena del sapore di un buon caffè. Da lontano il mare è verde, ma verso l’orizzonte degrada verso l’azzurro, poi diventa blu. Arrivo al porto, tra barche e paranze che dondolano appena per il solo gusto di galleggiare. Un rapido sguardo e riesco a vedere il fondo tanto è limpida l’acqua, e quel fondo dove speravo di vedere cozze selvagge, qualche polpo sorpreso a cambiare tana, donzelle colorate, saracini sempre così invadenti… quel fondo è una discarica abusiva, un intreccio di cordame vecchio tra melma e alghe verdi vescica, c’è anche il copertone di una vespa e ora dalla superficie arriva con movimenti sinuosi un preservativo. Immaginate di camminare lentamente lungo il molo… è come visitare un museo di arte moderna, si possono vedere opere di Malevich pre-suprematista, qualche studio di colore di Kandinsky, tanti Pollock, un De Kooning e un paio di Rothko (che aumenteranno nelle uscite successive), qualche opera di arte povera di Lucio Fontana e per finire un rarissimo Vasarely. Tutto questo plasmato ad arte dal mare, dalle onde, dalla corrente, dai mulinelli, dalle maree. L’uomo dal canto suo, grazie alla sua spiccata e criminale sconsideratezza e superficialità artistica, alimenta di rifiuti (coloratissimi per carità!) questa splendida tela verde blu, alterandola irrimediabilmente. La cosa grave è che i principali “irresponsabili” di questa tragedia sono proprio le persone che dovrebbero preservarlo, le persone che vivono in mare e per il mare; i pescatori in primis, le grandi navi, per passare poi alla gente comune che mangia, beve e butta in acqua. Il nostro mare trattato come una discarica, una fogna, acque inquinate da plastica, cicche di sigarette, vetro, copertoni, schiume di detersivi, schiume residue di lavaggi di stive, schiume non biodegradabili che causano l’eutrofizzazione delle alghe… e poi batteri e virus provenienti da fogne cittadine. Prima o poi tutto arriva al mare, un mare di colori, un mare di cadmio, di titanio, di cobalto, di avorio, un mare di terra di Siena, di terra ocra, di terra di Pozzuoli, di terra di Cassel e poi verdi vescica e il putrefatto corpo verde di Paolo Veronese avvolto nel quinacridone. Stiamo messi male ragazzi!